OPR

Viale Corsica, 99, 20133 Milano

ARTISTI:
Ettore Tripodi
Giorgio de Chirico (Collezione Ramo)


Ettore Tripodi risponde alle domande di
Irina Zucca Alessandrelli, curatrice della Collezione Ramo

Qual è il tuo rapporto con il disegno e con la storia dell’arte italiana del secolo scorso?

Ho sempre disegnato tanto, mio padre è un pittore e quindi, forse per emulazione, fin da piccolo ho passato molto tempo a disegnare, nel suo studio, a casa, a scuola nelle ore in cui era concesso e anche in quelle in cui non era concesso.
Il disegno ha accompagnato un po’ tutte le fasi della mia vita, di conseguenza le motivazioni che mi spingono a disegnare sono molto varie: sicuramente c’è una dimensione ludica, poi nel tempo ho sviluppato la fascinazione verso altri disegnatori, il desiderio di manifestare un sentimento, di dare forma a un’idea, il disegno come strumento per progettare altro.

Quando disegno inseguo un’idea, un’atmosfera, un’immagine fumosa e inconsistente perchè è un insieme di sensazioni. Nel momento in cui mi metto a disegnare questa inconsistenza muta in qualcosa che tradisce quell’immagine primigenia. Si tratta di dialogare con l’immagine che ho in mente, con i limiti della tecnica e della materia che utilizzo. Quando mi stupisco del disegno che ho tracciato sul foglio è perchè è diventato altro rispetto alla prima immagine a cui avevo pensato. É forse questo processo che mi spinge a disegnare.

Per quanto riguarda il mio rapporto con l’arte italiana del secolo scorso, mi riesce difficile fare un discorso in generale, potrei citare un elenco di nomi di artisti del ‘900 italiano che amo, ma temo che la lista si farebbe troppo lunga.
Posso però dire che tra gli artisti della collezione ho una certa predilezione per De Chirico. La prima cosa che mi viene in mente della produzione sterminata di De Chirico è un ciclo di illustrazioni dell’apocalisse di Giovanni, che sicuramente non appartiene all’opera che l’ha reso celebre ma che io ho amato molto.

Penso al tratto inciso che descrive chiaramente la figura, come il segno delle incisioni dantesche di Botticelli, ma con un’inclinazione grottesca che ne deforma vagamente i tratti, che sembra irridere il modello a cui tende; certo è vagamente percettibile perchè a colpo d’occhio pare un’incisione del 1500 anche quella di De Chirico, ma sta proprio in questo scarto leggero la mia fascinazione.

Perchè hai scelto quest’opera di De Chirico?

Ho scelto quest’opera perchè c’è un’atmosfera che mi ricorda quella dei miei “Notturni”, una serie di disegni che ho realizzato tra il 2018 e il 2019, che nel loro insieme compongono una sequenza simile a quella di un film. Mi è sembrata tanto forte la vicinanza che per un attimo ho pensato che il disegno di De Chirico avrebbe potuto facilmente essere inserito come un fotogramma all’interno della mia sequenza. C’è questo tendere verso il disegno antico e al contempo quel segno divertito di De Chirico, che è sempre attraversato da un’ironia leggera, che ti lascia sospeso tra il riso e la malinconia. Forse anche nei miei notturni si ritrova un simile paradosso, in apparenza romantici e inquieti anche se velati di ironia.