Galleria ZERO…

Via Carlo Boncompagni, 44, 20139 Milano

LUN CHIUSO
MAR – VEN 11.00 / 13.30 – 14.30 / 19.00
SAB 15.00 /19.00
DOM CHIUSO

ARTISTI:
Carlo e Fabio Ingrassia
Merardo Rosso (Collezione Ramo)


Carlo e Fabio Ingrassia rispondono alle domande di Irina Zucca Alessandrelli, curatrice della Collezione Ramo

Dai una definizione di cos’è il disegno per te.

I nostri disegni sono dei nuclei grafici. Il nostro colore appare come un fenomeno, un evento della materia naturale appunto, senza essere naturalistico.
Noi ci muoviamo attorno a un punto, un movimento demografico, un movimento continuo.
Bisogna dare all’opera una resistenza fisica, bisogna rivendicare la necessità di utilizzare i materiali. Il disegno per noi sviluppa un’oggettività visiva estrema e agisce come un segno internazionale, un segnale piuttosto che un segno, è una materia che genera materia.

Sono colori recettivi.

Qual è il tuo rapporto con il disegno? E con la storia dell’arte italiana del secolo scorso?

Lo straordinario alfabeto del disegno ci permette la materializzazione concettuale di qualsiasi cosa e la sua leggerezza ci permette qualsiasi scambio. La nostra operazione fa assumere al lavoro, una conformazione che sembra dotata di vita propria. Noi ci poniamo la questione della presenza materiale dell’opera come relazione concreta, nel suo darsi come fatto concreto. Cerchiamo un segno che sia autosufficiente. L’opera a nostro avviso è un principio termodinamico.

Il rapporto con il disegno viene visto da entrambi attraverso una sintesi additiva e sottrattiva, un fenomeno di collisione del vicino e del lontano che noi definiamo fenomeno d’accelerazione.
È proprio in queste circostanze che il disegno, come organismo, si sente organismo, e si sente in continua espansione, dal di fuori al di dentro, dal di dentro al di fuori.

Il rapporto con la storia dell’arte esiste nella misura in cui l’uomo può conservare del passato soltanto ciò che serve al suo progresso e questo avviene attraverso un sistema di simpatie ed affetti. Abbiamo iniziato a famigliarizzare con alcuni artisti leggendo scritti, diari, testi critici che hanno lasciato nel tempo, e ci sorprendeva come in quei pensieri trovavamo dei riferimenti molto vicini alle scoperte che sapevamo di aver fatto. In fondo noi lavoriamo sul già stato. Il testimone è il terzo, è colui che sopravvive, e se c’è ripetizione c’è possibilità di registrazione e di archiviazione.

Perché hai scelto quest’opera della Collezione Ramo?

Pensiamo che il concetto di storia dell’arte possa essere definito “materiale vivo”, tematica che ha tanto tormentato un artista come Medardo Rosso, presente nella Collezione Ramo.
Ci è sembrato un atto d’amore verso questo maestro.
Il disegno da noi scelto è una scena con due passanti, è un’apertura, è un istante messo a fuoco. L’irregolarità cerca un’atmosfera circostante, la luce pervade tutto, niente e nessuno è separato. È un’operazione concettuale che ci ha convinti nella scelta: la razionale convinzione che per un momento l’oggetto guardato emerga visivamente dal flusso continuo della materia atmosferica, così come farebbe nello spazio reale.