Via Antonio Stoppani, 15/c, 20129 Milano
LUN CHIUSO
MAR – SAB 15.30 / 19.30
DOM 12.00 / 19.30
ARTISTI:
Carlo Cossignani
Adolfo Wildt (Collezione Ramo)
Carlo Cossignani risponde alle domande di
Irina Zucca Alessandrelli, curatrice della Collezione Ramo
Dai una definizione di cos’è il disegno per te.
Il disegno è un canale diretto, è l’assenza di filtro tra l’intuizione e la sua traduzione.
Qual è il tuo rapporto con il disegno? E con la storia dell’arte italiana del secolo scorso?
Negli ultimi anni il disegno ha occupato sempre più importanza nel mio lavoro, passando inconsapevolmente dal ruolo di annotazione a quello di ricerca. Spesso rivelandosi la via più efficace per la risoluzione di un conflitto tra l’idea e il sentire.
Allo stesso modo, fatta eccezione per quelli dichiaratamente compiuti, ho per molto considerato il disegno del secolo scorso e più in generale il disegno, come un passaggio di studio o preparatorio. In seguito, è stato lampante come in molti casi la prima intenzione portata su quei fogli fosse così chiara e completa da non dover aggiungere nulla. Mi vengono subito alla mente i disegni di Fontana.
Perché hai scelto quest’opera della Collezione Ramo?
Quando mi è stato mostrato questo disegno per la prima volta, ho immediatamente pensato che la scelta fosse obbligata.
Il tema rappresentato infatti è una deposizione, ovvero lo stesso affrontato nel primo disegno che ha successivamente portato al ciclo di opere presentato in mostra.
Con il tempo poi mi sono reso conto di come la vera direzione di questi lavori fosse la scoperta della fragilità come elemento di forza e l’idea di vuoto come una sostanza a cui dare forma.
Forma che si è spesso tradotta in vesti femminili sebbene fosse stata inizialmente suggerita dalla scomparsa di una figura maschile. Quasi come se un determinato elemento una volta svanito lasciasse traccia della sua controparte. Sono rimasto quindi molto colpito nel notare come Wildt in completa antitesi con l’iconografia classica, avesse sostituito il corpo deposto con quello di una donna.
Oltre a quello simbolico poi, ci sono delle inequivocabili assonanze sul piano linguistico e per certi versi anche formale.
Sullo sfondo del disegno di Wildt, ad esempio, si staglia un’ombra netta, bucata, che diventa una figura a sé stante, elemento che non ho potuto fare a meno di ricondurre ai vuoti nei miei disegni e sculture.
Presenza e assenza, maschile e femminile, vuoto e pieno.
Questa logica di dialogo e conflitto continuo tra le parti la si ritrova in tutti i lavori presentati.
Wildt compreso, a mio avviso.
Uno schema di alternanza che si ripete incessante nella serie più recente delle griglie, destinate a definirsi come finestre di passaggio verso il retroscena di un luogo in cui lo spettatore è invitato ad introdursi.