Viale Corsica 99, 20133 Milano
PROLUNGATA FINO AL 16 FEBBRAIO
LUN CHIUSO
MAR-VEN 14.30 – 18.00
SAB-DOM CHIUSO
ARTISTI:
Umberto Chiodi
Lucio Fontana (Collezione Ramo)
Umberto Chiodi risponde alle domande di
Irina Zucca Alessandrelli, curatrice della Collezione Ramo
Dai una definizione di cos’è il disegno per te.
Il disegno è uno dei linguaggi più ancestrali per esprimere o trasporre un’idea o uno stato d’animo. È una pratica artistica con cui regolamentare, disciplinare, strutturare un flusso del pensiero conscio o inconscio.
Disegnando si entra in uno stato in cui si respira diversamente, questo lo noto in particolare con l’utilizzo del pennino, che necessita di essere intinto ciclicamente, per la breve durata del segno che produce. Lo strumento e il respiro devono in un certo senso accordarsi allo stesso battito.
Nella concertazione dei gesti in uno spazio limitato, si può dare significato al tempo, in assoluta presenza.
Qual è il tuo rapporto con il disegno? E con la storia dell’arte italiana del secolo scorso?
Il disegno è la disciplina che amo di più fra le pratiche artistiche.
Ho l’impressione che la mano sia un canale preciso di uscita per l’immaginazione.
Lavorare con il segno e sul segno è come viaggiare meditando sul confine delle categorie, è un esercizio di comprensione degli equilibri, e quindi di trasformazione.
Mi interessa la relazione che si può creare fra il disegno “puro” e il disegno applicato, fra il linguaggio intrinseco del segno e la retorica della rappresentazione.
Molti artisti del’900 hanno superato l’obiettivo della creazione di un’immagine, per determinarsi nella processualità, e qualcuno si è spinto fino all’atto estremo della sparizione completa dell’oggetto opera, fuori da ogni logica di riproducibilità e di mercato. Mi piace lo spirito di contestazione Dada che attraversa tutto il ‘900.
Sono affascinato dagli artisti outsider che hanno fatto del loro sentimento un credo.
Perché hai scelto quest’opera della Collezione Ramo?
Ho selezionato questo disegno di Fontana per la sua apparente atipicità.
Si tratta di un bozzetto pubblicitario per le macchine da scrivere Olivetti, il progetto non venne scelto dall’azienda, e mai esposto.
La macchina da scrivere, pur essendo un progetto pubblicitario, resta accennata sullo sfondo, come uno strumento, un medium per l’espressione dell’immaginario. Al centro della scena c’è infatti la visione, quella dello scrittore, del poeta: una natura morta pulsante, quasi grottesca, e una figura femminile angelicata e prosperosa, ricordata, non presente. Ho l’impressione che Fontana abbia lavorato su un’ esaltazione concettuale del prodotto, uscendo dalla facilità del descrittivismo.