Loom

Via Lazzaretto, 15, 20124 Milano

ARTISTI:
Marco Andrea Magni
Luciano Fabro (Collezione Ramo)


Marco Andrea Magni risponde alle domande di
Irina Zucca Alessandrelli, curatrice della Collezione Ramo

Qual è il tuo rapporto con il disegno e con la storia dell’arte italiana del secolo scorso?

“La vita è ciò che si produce nell’atto stesso dell’esercizio come una delizia interna all’atto, come se a furia di gesticolare la mano trovasse alla fine il suo piacere e il suo uso, l’occhio a forza di guardare s’innamorasse della visione, le gambe, piegandosi ritmicamente, inventassero la passeggiata”1. Per me il disegno è la biografia di un incontro che interessa la materia, lo spazio, il comportamento e la storia dell’arte. Il disegno è la prima misura e la prima visione che abbiamo: un dialogo tra idee prime o veri e propri progetti da tradurre nelle tre dimensioni. La storia dell’arte è per me la mia storia, un dialogo aperto e un cantiere di confronto necessario. Gli storici dell’arte offrono sempre una certa prospettiva sulla storia che va ripensata, studiata a fondo e restituita sotto nuova luce perché non si parla solo di opere, ma anche di biografie, di vita e di grandissime fatiche. Il disegno in rapporto alla storia dell’arte parla spesso di uno stupore infantile restituito attraverso una coscienza adulta. Per la Collezione Ramo presento due tipologie di disegni: Manifesto e Tirabaci. Manifesto parla di un’urgenza: riflettere sul mondo e sulla sua natura. Manifesto presenta la possibilità di comunicare attraverso il suo supporto: il foglio – mondo. La cellulosa e il carbonato di calcio (marmo) hanno la possibilità di trasformarsi in un foglio bianco e ne sono la materia prima. Il foglio bianco rinvia allo scrivere, è l’esibizione di un luogo di raffigurazione, è la potenza senza l’atto, un elemento che raffigura se stesso. Il foglio bianco si cela, scivola dalla presenza, butta nello sfondo tutto ciò che potrebbe ostacolare il suo essere un semplice luogo di raffigurazione. Il luogo della raffigurazione è in bilico, una soglia, un nulla di presenza, esso sta nel mezzo. Da qui la rinascita e la rivincita della natura: il mondo stesso come il foglio si autoesibisce e si espone come corpo in un nuovo paesaggio fatto di alberi (cellulosa) e di montagne (carbonato di calcio). La seconda serie di disegni Tirabaci parla di un fenomeno ottico prodotto dalla luce riflessa verso la sua fonte da una nuvola (effetto chiamato “Gloria” o “Spettro di Brocken”). Più concretamente, essa è un’illusione di un ingrandimento dell’ombra proiettata dal corpo dall’osservatore, quando il sole è basso, sulla superficie delle nuvole che circondano una montagna su cui l’osservatore si trova. Solitamente è caratterizzata dalla presenza di una corona luminescente intorno al capo o comunque alla parte più alta della figura. Questa corona luminescente o aureola nel dissolversi a causa del movimento della nuvola (in strati, rigonfiamenti e cumuli) assume la forma di una pettinatura: i Tirabaci.

Perché hai scelto quest’opera di Luciano Fabro?

Luciano oltre ad essere stato mio docente nell’ultimo suo periodo di insegnamento all’Accademia di Brera a Milano, è stato un grande artista che ha saputo tradurre l’esperienza d’arte in possibilità di esercizio condiviso. Ho scelto e mi sono innamorato di un suo disegno che ha chiamato Il peso di un capello. Lui stesso in un suo bellissimo e prezioso libro intitolato Regole d’arte restituisce attraverso delle conversazioni tenute in Accademia e alla Casa degli Artisti grandi possibilità e intuizioni. “Ho notato che tutte le novità del pensiero nascono con un dialogo. Non si stende la teoria, ma si tende a far nascere le cose da un dialogo”; e ancora: “La chiave sta nel fatto che tu vuoi fare emergere una serie di potenze, che hai un atteggiamento positivo verso il mondo, perché

1 Giorgio Agamben, Karman. Breve trattato sull’azione, la colpa e il gesto, Bollati Boringhieri, 2017

tenti di portare potenza, che non è né negativa né positiva, allo stato di realizzarsi”. Luciano parla anche di disegno: “Stai andando verso il disegno: capire tutte le linee come si portano; la materia è sempre fatta di linee che si accompagnano l’un l’altra”.2 Il peso di un capello è una linea in potenza, un’attitudine alla delicatezza e a qualcosa di molto più stratificato che può nascere solo attraverso il dialogo: con noi stessi, con l’altro, con la vita.