Viale Corsica, 99, 20133 Milan
LUN CHIUSO
MAR – DOM 14.30 / 19.00
ARTISTI:
Marta Roberti
Sandro Chia (Collezione Ramo)
Marta Roberti risponde alle domande di
Irina Zucca Alessandrelli, curatrice della Collezione Ramo
Dai una definizione di cos’è il disegno per te.
Il disegno è il modo in cui attraverso la mano la visione si fa immagine. Un’immagine è una soluzione provvisoria per una visione che si affaccia alla coscienza.
Qual è il tuo rapporto con il disegno? E con la storia dell’arte italiana del secolo scorso?
Disegnare è la mia principale forma di vita ed è dunque complesso rispondere a questa domanda. Ho cominciato a disegnare come tutti da piccola e non ho mai smesso. Mentre frequentavo il corso di laurea in filosofia seguivo corsi di disegno di nudo dal vero e mi piaceva disegnare ritratti, ma non mi ero mai presa sul serio; disegnare era un piacere che non riconducevo ad una velleità artistica, perché avrei voluto essere una scrittrice.
Poi a vent’anni un incontro importante con una coetanea artista tedesca mi ha dirottata nella creazione di immagini visuali, e da quel momento non ho fatto che cercare nel disegno una modalità di scrittura. Il mio disegno si può intendere come scrittura sia in senso formale, perché i tratti ripetuti rimandano a segni linguistici, ma anche nel contenuto delle mie opere, nelle quali la natura non è rappresentata ma rappresentante di una dinamica creatrice, la stessa che, come artista, mi caratterizza. I segni che produco attraverso il movimento della mia mano si generano in maniera naturale e prolifica come la vegetazione che moltiplica sé stessa in foglie, fiori, rami e radici.
Nell’arte italiana del secolo scorso mi piace rintracciare echi etruschi e temi mitici. Amo la Metafisica di De Chirico e la compenetrazione tra l’umano e altri animali di Savinio. Sono fortemente attratta dalle sculture dei cavalli di Marino Marini e provo una potente attrazione per le immagini di Francesco Clemente.
Perché hai scelto quest’opera della Collezione Ramo?
Quest’opera di Chia, mentre sfogliavo le innumerevoli opere della Collezione Ramo, è stata un’apparizione inattesa: mi ha rimandato immediatamente all’immagine di un bronzetto del Luristan che mi aveva colpita in modo inspiegabile tempo fa e che continuava a riproporsi alla mia coscienza. Non ero mai riuscita a rielaborarla, nonostante diversi tentativi. Il bronzetto mi era apparso esplorando immagini preistoriche in un manuale: raffigura un animale che potrebbe essere sia un cavallo che un grosso cane, con le zampe appoggiate alle spalle di una figura femminile frontale. Anche il disegno di Chia raffigura un animale che sembra un cavallo e che appoggia le sue zampe sulle spalle di una figura maschile. Mi chiedo se anche Chia abbia visto quel bronzetto e non abbia potuto fare a meno di rielaborarlo. La mia scelta non poteva che vertere su questo disegno, rimettendomi in gioco di nuovo con questa immagine che oltre a ricordarmi il bronzetto del Luristan spalanca innumerevoli altre connessioni, sia con il resto dell’opera di Chia e con molta storia dell’arte, oltre che, soprattutto, con la traiettoria attuale del mio lavoro in cui esploro la relazione umano animale e la loro reciproca metamorfosi.